Pierluigi Mele, poeta, scrittore, attore, regista è il protagonista con il suo “Babbatu. Del Salento lo stupore” del nuovo appuntamento con la rassegna TeatroEssenzaEstate, organizzata dal Comune di Ortelle e dalla Biblioteca “Maria Paiano” di Vignacastrisi, domenica 30 agosto, ore 21.00, in piazza San Giorgio a Ortelle (ingresso libero).

Mele porta in scena, con le musiche dal vivo di Marco Tuma, uno spettacolo sul Salento attraverso i cinque sensi. Attraverso le storie “di confine” di figure esemplari: Idrusa la popolana, Rosa l’amante cieca, Edith l’ebrea sopravvissuta, Michelino fabbricante di nasse, Enzo il capomafia perduto. Attraverso i simboli di cinque luoghi definiti: Otranto, Castro, Santa Cesarea, Leuca, Gallipoli. E poi il sonno a boccaperta di “Frate Asino”, le tavole di San Giuseppe, il tabacco Xanti Yaca, le fabbriche del tessile “in nero”, Renata Fonte.

Memorie, suggestioni, miraggi legati al vissuto di noi tutti. Dalle figure primitive delle grotte ai deserti delle cave, dal sibilo degli ulivi alla potenza della luce, dal biancore della calce all’incognita del mare. Prende così vita un’esplorazione dell’anima dei luoghi, messa in scena con la passione della scoperta e la freschezza dello stupore, con una sorta di incantamento infantile.

In BABBATU fanno da guida i libri che del Salento hanno parlato, ma attraverso una scrittura scenica agile, per un teatro di affabulazione che stabilisce un’intimità diretta con il pubblico. Con BABBATU, Pierluigi Mele continua il suo originale teatro d’evocazione intorno al Sud, allestendo una sinfonia densa di passione e ironia, dove il racconto s’intreccia indissolubilmente alla musica dal vivo. In scena, su un cavalletto, campeggia una tela bianca, attraverso la quale proiettarsi a Sud ad occhi chiusi. Ecco una rapida escursione nei sensi toccati dallo spettacolo:
l’olfatto: il timo a dismisura tra Otranto e Badisco, il tabacco di Bodini, il gelsomino dei palazzi nobiliari. Ognuno conserva nel tempo gli stessi profumi che ci hanno visto ragazzi, adulti, ragazzi daccapo;

il gusto: i pani di San Giuseppe tra Poggiardo e Tricase, per cominciare. Il Salento è una giostra di sapori e saperi, di gusti fioriti dalla terra, di misture a tutto tondo;

l’udito: il sibilo lungo tra gli ulivi di Antonio Verri, il griko sugli usci di Corigliano, la serra che risuona dalle cave, il vociare delle piazze;

il tatto: il tufo che sfarina, la cartapesta di Lecce, i pescatori che filano tramagli, la pietra dei palazzi di città e delle muricce campestri;

la vista: la luce meridiana, la Torre del Serpe, e poi il geco, il millepiedi, la sacàra, e poi Otranto e i suoi miti, Castro e la luce del suo mare , Santa Cesarea e il suo contegno, Leuca e il suo miraggio, Gallipoli e la sua eccentricità a colori.
Sipario ore 21.00.
Ingresso libero con mascherina.

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